GLI ARCHITETTI CHIEDONO "....un sussulto civile delle coscienze di questo Paese...."

I temi della dialettica che hanno accompagnato ed accompagnano il grosso problema dell’intervento architettonico nelle nostre città e le ragioni pro e contro e cosa dovrebbe essere tenuto presente.
Mi chiedo e vi chiedo, se l’architetto, professionalmente, ha degli obblighi, oltre che morali, diciamo pure legali, giuridici, verso il suo prossimo?
Continuo a chiedermi se l’edilizia che si fa è repressiva, è contraria all’interesse umano, è diseducatrice, se separa gli uomini invece che rendere loro possibile la convivenza, se ancora di più e peggio, esclude il colloquio con la natura, se si distrugge il verde, se il verde è visto come sfogo e non come bisogno assoluto, fondamentale elemento di vita.Questi argomenti definiscono, secondo il mio parere, il fondamento del fare architettura, restando legati però a ciò che ci sta intorno e che costituisce la scena della nostra vita quotidiana e che va esteso dal centro storico alla periferia della nostra città, argomenti dello stesso problema.Quindi, più che di fatti e informazioni di risultati raggiunti, il mio dire punterà sulla capacità, o volontà di sentire e comprendere vivamente certi valori come il bene e il bello, avere coscienza di cosa sentono gli altri per poter avere rapporti reali con essi, avere una coscienza della vita associata in tutti i suoi aspetti, anche sentimentali, che riguardano le illusioni ed il dolore, a che cosa fa capo tutto questo? Ad un concetto importante per tutto il nostro dibattito del fare architettura, in quanto oggi l’architettura è intesa soltanto come una vicenda razionale, trascurando altro polo della psiche, che è l’inconscio, l’irrazionale, quella condizione dello spirito da cui vengono fuori la poesia, l’arte, l’architettura. Da un lato, dunque, la cognizione razionale e dall’altro il polo irrazionale, fantastico. Ma i due poli convivono; non possiamo richiamare uno ignorando l’altro. Essi sono presenti nello stesso discorso nello stesso linguaggio.Ma nella nostra realtà si favorisce uno soltanto dei due poli, ne viene fuori una struttura, che pretende di avere una moralità, nel senso di rispecchiare i bisogni dell’uomo, mentre non li rispecchia per niente; esagera soltanto l’utilizzazione di strumenti moderni, che sono alla portata ormai di tutti. E’ certamente un vantaggio poter fare la doccia, il bagno, telefonare; ma dal punto di vista della vita psichica, dal punto di vista dei due poli, l’architettura che abbiamo è un colossale fallimento.Si è sacrificato l’altro polo, quello della fantasia, quello che una volta era l’ornato. Ma “l’ornamento è un delitto”. Di qui l’abolizione dell’ornamento in funzione della razionalità; dei bisogni umani e del reddito, ma da noi in Italia, nelle nostre province nei nostri comuni, si è andati ancora più affondo in quanto si vive questa condizione negativa con abitudine e rassegnazione.Il rapporto tra razionalità e fantasia, di questi due poli della psiche, che fanno parte della ragione e dell’immaginazione; l’immaginazione è il fondamento dell’arte, della creatività, della fantasia, si lega al fascino dei centri storici i quali sono fatti principalmente di fantasia. Quando Platone dice: “Chi non ha follia di muse è inutile che si accosti al tempio dell’arte, della poesia”, ci dice di avere quella libertà fantastica quell’attributo che è fondamentale sull’intuizione, sul sogno, sulle immagini.Un altro concetto fondamentale, nel discorso che sto facendo, attiene all’arte della memoria, memoria intesa anche come centro storico, si è dimostrato che la memoria non poteva essere affidata a formule, in quanto difficilmente memorabili, mentre l’immagine è facilmente memorabile. La cultura di un architetto greco, ad esempio era definita dalle immagini dei tempi precedenti e si giovava di un formulario aritmetico, di un rapporto di proporzioni. Non è che circolassero disegni e grafici particolari.Da ciò parto nel affermare che noi abbiamo il diritto-dovere di difendere il mondo della memoria che è rappresentato certamente da un testo di Platone ma si manifestano anche nelle pietre, nel colore di un affresco di una casa del centro storico di ogni nostro comune, case vecchie, si, ma che conservano memoria di sé, esattamente come ne ha bisogno l’uomo. La nostra città in quanto tale, in quanto civitas, in quanto organizzazione e stratificazione di vita associata, altrettanto non può rinunziare alla sua memoria. Viviamo in una città, nella quale, malgrado i massacri passati, presenti, e purtroppo, prossimi futuri, questa stratificazione è malgrado tutto, ancora viva e presente e, quindi esige la nostra riflessione e amorosa partecipazione.Il valore di ciò che ci sta intorno e che costituisce la scena della nostra vita quotidiana non consiste soltanto nell’importanza dell’insigne chiesa, oppure di un insigne castello, ma è invece, qualche cosa di diverso, dalla eccezione del monumentale, che indubbiamente è oggetto delle nostre più attente cure. Parlo di tanta edificazione, che esiste nelle nostre periferie. Vorrei insistere soltanto nel farvi notare i particolari di queste costruzioni, sono strutture in reticolato di cemento, che investono tutta una facciata, aggetti inconsulti di balconi continui, oppure serie di balconi, facciate incomplete ancora con i mattoni di tamponamento, colori diversi che nascono da idee strane, etc. Sono questi gli standard più correnti dell’edilizia delle nostre periferie
Qual è la conseguenza di tutto ciò, dal punto di vista, della sensibilità del godimento dell’atmosfera e della vivibilità e dell’ambiente? Né più e né meno che una perdita. Perché le suddette case nascono per una semplice ragione, che evita qualsiasi sfogo fantastico, velleitario, inutile, di fronte a una visione veramente, rigorosamente precisa dei bisogni umani e del reddito.Ma nello stesso tempo voglio legare il centro storico con le periferie in quanto come dicevo prima sono argomenti dello stesso problema dove la soluzione sta nel risultato di una corretta riqualificazione, che ha una sua civiltà ha una sua qualificazione anche estetica, direi generale, diffusa, è precisamente dei valori ambientali. Ormai l’ambiente è diventata un argomento di dominio comune, dal momento che la situazione ambientale è diventata peggiore, a causa dell’incremento, incontrollato e gigantesco, dello standard meccanicistico. Quindi, non possiamo rassegnarci al fatto che la qualità del prodotto deve essere quella attuale e considerare le bruttezze come una specie di dovere sociale. Invece no; dobbiamo realizzare un equilibrio.Nei centri storici dei nostri Comuni con gli indirizzi del PRG si parla di riuso e di riqualificazione, inteso però come sfruttando al massimo dei volumi abitabili e, quindi, creando condizioni che, se sono vantaggiose per il reddito, non lo sono affatto né per i valori storici-artistici, né per la convivenza umana e ambientaleAllora, la proposta potrebbe essere, sì al riuso del centro storico, con il “mantenimento verticale”, che non si tratta di ricomporre aspetti antichi, privilegiando una certa epoca rispetto ad un’altra. Così come ci hanno insegnato all’università, in quanto è assolutamente contrario all’interpretazione sia delle esigenze estetiche sia di quelle storiche, perché la stratificazione è la realtà stessa della storia e, quindi, va rispettata.La soluzione di uno dei problemi del centro storico è il mantenimento delle altezze, in riferimento dei volumi presenti, il mantenimento verticale e quello orizzontale, il quale è esso stesso tessuto antico, opera di storia e di arte e che, quindi va tutelato come percorso. E’ chiaro che, ogni soluzione e di per se soggettiva, e non è mai detto che si debba sempre conservare le case; si possono creare anche spazi liberi, utilizzandoli come zone verdi sempre recintati, senza procedere allo sbaraccamento o disfacimento orizzontale. Per tal via, non solo si mantiene il carattere del centro storico, ma si realizzano le condizioni per ottenere una migliore insolazione ed una viabilità, capace di riportare il centro storico nei suoi aspetti ideali di spazi e di rapporti spaziali; cosa desiderabile al di sopra di tutto.Purtroppo, possiamo registrare, per quello che riguarda l’intervento dei poteri pubblici nella tutela ambientale e monumentale, in base ai criteri vigenti che l’Italia ha accettato – avendo sottoscritto la carta di Venezia nel ’64, insieme con un’altra sessantina di nazioni, tutti paesi civili – che i suddetti criteri non sono operanti, per niente. Nel campo del restauro abbiamo fatto solo regresso, non progresso. Perché quelle speculazioni distruttici, che prima si esercitavano in una forma artigianale, oggi sono realizzate invece massicciamente, attraverso grossi piani. Mi chiedo e vi chiedo, esiste nei nostri comuni questa grande richiesta di suoli, di acquisti, etc.? Non c’è. Credo che la via sia riqualificare, invece che costruire. Infatti, gran parte della moderna edilizia anche nazionale è frutto della speculazione, favorita dal potere politico, che ha massacrato il prezioso patrimonio culturale italiano, certamente più ricco e differenziato che ci sia al mondo.Concludo dicendo che la mia non è una critica e neanche una lezione, ma io parlando realizzo più profondamente me stesso, comunico con l’altra parte di me. Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggere questi miei pensieri. E’ una cosa meravigliosa, parlare di architettura, di arte, in quanto molto spesso non si parla delle nostre città di queste cose, tanti forse vorrebbero, avrebbero da raccontare e non trovano il modo. A chi lo dicono? Al muro? Agli amici tutt’al più; se pure esiste un colloquio su questi argomenti.

Giuseppe Briguglio
Architetto


Lascia un commento